Viagiordanobruno17


luglio 18, 2009, 3:17 PM
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Seconda lettera, ma forse non l’ultima, al senatore Marino

stanzagiochi

Manuela 18 luglio 2009

Caro senatore Marino,
l’altra sera ero ad ascoltarla, sul mare a Ravenna. Devo dire che mi ha convinto, e non era scontato, date le ripetute e frequenti delusioni del passato. Mi ha convinto la sua tranquillità, il suo parlare un linguaggio piano e diretto, centomilamiglia lontano dal politichese, il suo insistere sul tema della meritocrazia, che, si vede, le sta molto a cuore. Mi ha convinto il suo procedere un po’ impacciato fra gli scogli e le secche dei regolamenti e delle burocrazie politiche, laddove il buon senso non è sufficiente a districarsi; quell’impaccio che ha fatto scuotere la testa a qualche politico navigato nascosto fra il pubblico, che ha bofonchiato che sì, è bravo, ma la politica.. ah la politica non si improvvisa... Un po’ quello che diceva la Rosy a Radio 24 l’altra mattina.

I suoi avversari, che temono di vedersi portar via il giocattolo (e vedono inorriditi la stanza dei giochi riempirsi di chirurghi, grilli, professori, gay, un sacco di gente che non c’entra niente con la politica), oscillano fra due reazioni. C’è chi prova a considerarla incompetente a raggiungere le vette del fine agire politico, quelle che i veri politici hanno raggiunto grazie ad una vita di dedizione (e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, non mi trattengo dal commentare). C’è chi, invece, banalizza la sua candidatura, riducendola ad un gioco delle parti tutto interno al PD: c’è già chi è certo che i suoi voti, al ballottaggio, andranno a Bersani, deducendolo da chissadove, ma insomma, anche lei, professore, è meno naif di quel che sembra, e sta già pensando alla futura carriera…Noi, che siamo stati attratti dalla sua candidatura e che seguiamo su Facebook o sui vari blog il crescere dell’ondata di adesioni al suo progetto – e mi lasci dire, la compagnia sta diventando davvero interessante… – sappiamo che lei non dispone di truppe cammellate, né di voti da elargire a questo o a quel candidato in cambio di favori (quel genere di voti pare li stiano raccogliendo i suoi avversari, soprattutto in zona vesuviana). Solo un giornalista corrotto da anni di dietrologie, o un politico che da anni non apre le finestre del suo salotto, possono pensare che Flores o Odifreddi, – e come loro tanti altri pensanti, io compresa, si parva licet – si facciano dire da chicchessia per chi votare.

Oggi ho letto il discorso di Obama al Naacp, e mi sono quasi commossa; per nostalgia, credo, di una politica visionaria, di larghissimo respiro, e nello stesso tempo talmente semplice da lasciare senza fiato. Obama in fondo non ha detto altro che quello che mi ha detto tante volte mio padre: studia, e sarai migliore di me; impara una parola in più, e sarai più libera; impegnati, e sarai premiata…
Ho presto imparato che si può studiare, e imparare molte parole, ma che i posti vanno ai figli dei primari o ai nipoti degli assessori. Così che nessuno potrebbe oggi fare in Italia il discorso di Obama. Nessun politico, sicuramente, anche se ne fosse all’altezza.
Per questo mi sta a cuore la sua candidatura; perché lei punta sulla meritocrazia e questo significa oggi iniziare a mettere in discussione tutta l’organizzazione della società italiana, e anche del partito. E perché, in fondo, anche lei è un visionario; cosa che mi auguro, le auguro, di rimanere, e di continuare ad immaginare una società dove i posti migliori vanno ai più meritevoli, e in cui i politici si sfidano davanti ai cittadini che li premiano o li puniscono con i loro voti (voti veri, non barattati).
Non dia retta a chi le dice che la politica è un’altra cosa; la politica è proprio questa: una visione, e le azioni per renderla reale.
Continuerò a segurla e, forse, a mandarle lettere.
Con stima crescente. Manuela



febbraio 9, 2009, 4:17 PM
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Barlumi di Medioevo

Manuela 9 febbraio 2009

Sono giorni di clamori sinistri, in cui la scaltra ferocia dei politicanti si avvale della feroce ottusità dei fanatici, per costruire un nuovo ordine.
Un ordine senza libertà: né quella organizzata in un ordinato disporsi di diritti e doveri di singoli che accettano le regole della collettività, né quella del libero dispiegarsi della coscienza di ciascuno, limitata solamente dal libero dispiegarsi della coscienza altrui: entrambe garantite dalla Costituzione.
Un ordine quindi senza Costituzione, e senza regole, se non quelle dettate dal capopopolo di turno, gridate dal predellino di un auto, inventate per una qualsiasi occasione, e poi buttate, regole come vestiti per una sola stagione, regole usa e getta, scritte su fazzolettini di carta da appallottolarsi quando non servono più.
Qui si doveva arrivare, a questo groviglio di interessi politici e confessionali, a partire da un rosario di leggi ad personam, da anni di ingerenza della chiesa negli affari italiani, da generazioni di politici prostrati a baciare pastorali anelli (da anni tutti i politici si professano laici senza esserlo, e nessun politico si dichiara ateo pur essendolo: nemmeno i più consumati comunisti, anch’essi furbescamente alla ricerca di dio).
Qui si doveva arrivare a questo clamore di fiera, alla tv che ci grida nelle orecchie della crociata benedetta di sansilvioilbuono contro il diavolo nascosto in un simulacro di donna e nell’uomo che la difende, i flagellanti che ostentano pane e acqua, emersi da un medioevo infinito. Dovevamo vedere lo spettacolo di pavidi parlamentari, avvolti in ragnatele di parole di distinguo e di cavilli, tremanti davanti alle gerarchie, incapaci di difendere il diritto all’autoderminazione di ciascuno, forse anche incapaci di capire cos’è; incapaci, di coseguenza, di difendere la democrazia. E di difendere la Costituzione. Che, alla fine, sarà resa inoffensiva, con la benedezione di un santopadre che teme più la libertà delle camere a gas, e con quella di parlamentari dalla coscienza simoniaca.
In mezzo a tutto questo clamore, la voce della ragione si fa strada a fatica. Bisogna cercarla, seguirne le tracce, riconoscerla, quando la si incontra, con grato stupore. Lontano dalla tv, la ragione striscia su Internet, illumina qualche articolo di giornale, traspare dai blog, si addensa su Facebook, si dissolve e si aggruma in singoli e gruppi, fa capolino su qualche piazza, diventa talvolta un boato e talvolta un sussurro. Non si può far altro che ascoltarla e seguirla, come un salvifico pifferaio magico.
Fra le tante forme che ha assunto in questi giorni, mi piace riportare qui questa, semplicissima e accorata, prelevata da Facebook: “oscurarsi, contro gli oscuranti”.

nero2



febbraio 1, 2009, 5:35 PM
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Altre cose che non fanno notizia, ma che vale la pena sapere…

Inchiesta de L'Espresso su Cosentino

Inchiesta de L'Espresso su Cosentino

Manuela, 1 febbraio 2009

Sono molte le cose di cui non si parla. Un’altra è questa.La storia: “Il sottosegretario Cosentino è un uomo politico “discusso”. Di lui si parla come di ‘un esponente colluso con la sanguinaria cosca dei Casalesi’. La “stampa” riporta le dichiarazioni di alcuni pentiti (quattro o cinque).” (citazione dal blog di Cuperlo).
Il PD propone una mozione che ne chiede le dimissioni. La mozione viene respinta, anche perché una parte di parlamentari del PD esce dall’aula o si astiene. Cuperlo difenda la sua astensione con un lungo post nel suo blog, cui segue una lunga discussione.

In questa discussione interviene anche Enzo, e a me è piaciuto talmente tanto il suo commento, che lo riporto qui.

… Qui caro Cuperlo lo stato di diritto, il garantismo, non c’entrano nulla. Qui c’entrano l’etica pubblica e quella di uomini e donne che operano dentro le istituzioni. Anch’io, come Vincenzo, voglio ricordare un caso accaduto in una grande democrazia: “Via ministro di Blair – Blunkett si dimette. Agevolò il visto per la babysitter filippina dell’ ex amante” (dal Corriere della Sera del 16.12.04). In questo caso il ministro si dimise sulla base di denunce giornalistiche: non c’era nessuna iniziativa giudiziaria. Allora veniamo al caso Cosentino. Sul sottosegretario ci sono sospetti di collusioni con la camorra emersi da dichiarazioni di pentiti che ad oggi non hanno ancora portato ad alcuna iniziativa della magistratura. I due episodi hanno delle grosse analogie: entrambi sono emersi su denuncia della stampa. Ma le conclusioni sono state diverse: nel primo caso il ministro inglese si è dimesso perché in Gran Bretagna il sentire comune sanziona pesantemente anche il più piccolo comportamento che si distanzi dalla correttezza che è richiesta ad un uomo pubblico, nel secondo in nome del “garantismo” (che è cosa diversa dal rispetto delle garanzie previste nell’iter giudiziario) si lascia che il sospetto aleggi sugli uomini e sulle istituzioni. Bene aveva fatto, dunque, il gruppo a presentare la mozione, male ha fatto chi come lei si è dissociato perché con questo atto lei non ha votato per l’affermarsi di un’etica pubblica, ma per la continuità con la prassi in difesa della casta. In altre parole adagiarsi sulle “garanzie” previste dalla legge (innocente fino alla sentenza definitiva) significa lasciare fuori dalla porta l’etica, la responsabilità che prima di fare riferimento alla rilevanza penale devono basarsi sulla trasparenza e sulla assoluta mancanza di ogni “macchia”: foss’anche l’aver dato una spintarella per fare avere il visto alla tata dell’amante.

Caricatura di Blunkett su The Guardian

Caricatura di Blunkett su The Guardian



novembre 15, 2008, 6:48 PM
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LETTERA AD UN RAGAZZO CHE DISCUTE DI POLITICA

Manuela 15 novembre 2008

Ti ho sentito per caso discutere con quel tale, seduto al tavolino del bar. Mi ha colpito, soprattutto, una sua frase, con la quale cercava di “spiegare” a te, giovane ed idealista, il senso della politica.
Te la stavi cavando benissimo da solo, e non ho detto nulla, ho continuato a parlare con la mia amica, dandoti le spalle. Ma adesso, lascia che ti dica cosa ne penso; come al solito, potrai fare delle mie parole quello che vuoi.
Quel tale diceva, più o meno: “Lo scopo della politica e’ il potere, che, nella sua declinazione democratica, e’ il governo.. “ e ancora: “ …non si occupa di principi, di valori, di filosofia, delle previsioni del tempo e di apicultura: si occupa solo ed esclusivamente di conquistare e mantenere il potere, tutto qui…”

picassosuonatori

E’ vero che la politica ha per scopo il governo, che si conquista conquistando il potere. Ma cosa significa “governare”? A mio parere governare significa mettere in campo un’idea di paese, e del suo futuro, un’idea complessiva, che non può prescindere da un sistema di valori e di principi; di conseguenza, significa adoperarsi perché quell’idea convinca la maggioranza della popolazione.
In questo modo si conquista democraticamente il potere, cosa indispensabile per avere in mano le leve per realizzare in concreto quell’idea di paese e del suo futuro. Democraticamente, alla scadenza del mandato, saranno gli elettori stessi a decidere se il politico al potere è stato in grado di realizzare, in tutto o in parte, quell’idea sulla quale aveva chiesto agli elettori di consegnargli il potere. Il corollario del governo, in questa eccezione, e del potere che permette di governare, è che chi non realizza il mandato di governo, lascia il campo (il potere) ad altri.
A te sembra che in Italia succeda così? Al contrario di quanto diceva quel tale, il governo non è affatto lo scopo dei partiti italiani, che si preoccupano, invece, di conquistare il potere, e di tenerlo, indipendentemente che stiano al governo o all’opposizione. Come dimostra il fatto che la perdita del governo non ha comportato affatto la percezione di un “fallimento”, così che i detentori del potere se ne sono rimasti tranquillamente al loro posto (con la complicità della “base”), costituendo, di fatto una “casta” il cui unico scopo è appunto mantenere una posizione di privilegio e di potere.

picassondonchisciotte

In fondo quel tale aveva ragione, e nello stesso tempo torto, perché se è vero che la politica ha come scopo il governo del paese, egli appiattisce questa idea su quella di potere, svilendo in tal modo la politica e riducendone l’orizzonte al proprio piccolissimo interesse di bottega.
Governare un paese è compito nobilissimo ed alto (permettimi di dire che sbagli anche tu, separando l’idea della politica da quella del governo, come se in questo modo la politica potesse mantenersi “pura”): occorrono lungimiranza, idee forti, capacità di immaginare il futuro e di posare i giusti mattoni per costruirlo. Non si identifica affatto con il semplice raggiungimento del potere, che pure è necessario al governo: tant’è vero che la storia ci insegna che la sinistra, in Italia, per due volte ha preso il governo e per due volte l’ha perso, per sua propria incapacità: non significa forse che è stata in grado di prendere il potere ma non era sufficientemente in gamba per governare? La politica che si pone il problema del governo di un paese, qualsiasi cosa pensi quel tale, è anche una questione di valori; senza valori si può conquistare il potere, ma difficilmente si può governare.
Un’ultima cosa. Non farti convincere da chi dice che la politica è l’arte del possibile. Obama ha vinto le elezioni, dimostrando che è proprio volando più alto del “possibile” che si può innovare; stendendo davanti all’America la sua idea di paese e del suo futuro; prendendo radicalmente posizione a favore dei ceti medi, non cercando di contemperare gli interessi di tutti; dichiarando senza timidezze il suo sistema di valori.
Termino qui questo lungo sproloquio. Ma mi premeva di dirti che quel tale dal tono presuntuoso che ti predicava il suo “realismo” privo di respiro, non è un buon maestro per te, che hai diritto – come e più di me – di volare alto, e di pretendere di più, molto di più dalla politica.