Viagiordanobruno17


aprile 11, 2010, 4:37 PM
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Fatica.

Enzo, 11 aprile 2010

E’ vero che facciamo sempre più fatica a scrivere in questo blog come in altri che frequentiamo. Non si tratta di pigrizia, né di attenzione verso il nostro “privato” piuttosto che a ciò che ci accade intorno.

E’ una questione di impotenza (ne abbiamo parlato altre volte) e di “clima” sociale, politico, culturale che avvolge il paese. Non serve ricordare per l’ennesima volta le nefandezze politiche del centro destra, né quegli episodi di razzismo e intolleranza che si sono verificati all’interno delle istituzioni (si pensi per esempio alla ritorsione verso i bimbi i cui genitori non sono in regola con la retta). Non serve anche perché sembra che ormai nulla riesca a scuotere l’opinione pubblica (ma esiste ancora?), come non serve cercare spazi in cui poter esercitare la propria passione civile per il bene della comunità. Non esistono (ma sono esistiti?) e se esistono sono di fatto chiusi. Non serve perché i responsabili di errori politici e delle realative sconfitte sono sempre al loro posto: inossidabili, pervicacemente aggrappati alla loro posizione.

Sono tre elezioni che il Pd perde, eppure si prospetta per il 2013 la leadership di Bersani e del gruppo dirigente che lo sostiene. Mentre il paese e, quindi, anche il PD sono avvolti in questo clima, il mondo si muove velocemente verso il futuro. Leggevo della nuova creatura della Apple (l’Ipad), di come accelererà ulteriormente la rivoluzione tecnologica che porterà alla modificazione del mondo del lavoro, delle relazioni, delle comunicazioni: appunto il futuro che è già oggi.

E in Italia? Non c’è risposta. La nebbia ci avvolge. Quello che appare chiaro è che siamo risucchiati da una regressione. Ed è rispetto a questa regressione che facciamo sempre più fatica ad esprimerci, a scrivere i nostri pensieri. Si sono esaurite le parole che raccontano sempre gli stessi allarmi, le stesse denunce, le stesse proposte inascoltate.

Continuiamo ad essere schierati, non siamo indifferenti, crediamo in valori che riteniamo di sinistra, vorremmo vivere in un paese di cittadini e non di sudditi, più giusto, aperto e tollerante, che vede nel riconoscimento dell’altro e della differenza la forza di una società. Eppure tutto questo è mortificato, non ha spazio di espressione, non riesce a trovare un punto di aggregazione forte e riconoscibile. Il paese, anche per questo , declina, si incarognisce, è impaurito. I gruppi dirigenti del PD e del c.s. hanno la grande responsabilità di non volersi connettere con questo “sentire di tanti cittadini”.

Sono, dunque loro i responsabili del non voto, della sfiducia verso la politica che pervade la società italiana. L’antipolitica, il qualunquismo –ammesso e non concesso che questi termini siano utili a rappresentare lo stato d’animo dell’elettorato italiano – sono il frutto della loro incapacità, dei loro errori.

Nel frattempo le nostre parole si sono diradate, l’attenzione si rivolge altrove, verso interessi individuali che possiamo gestire perché fanno parte di uno spazio che abbiamo creato noi.



aprile 3, 2010, 2:53 PM
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E quindi, moriremo democristiani

Manuela 3 aprile 2010

Un’amica mi fa conoscere, tramite facebook, questo gustoso pezzo tratto dall’Unità. Temo però che l’autrice, che si sente rigettata in un fosco medioevo dalle esternazioni dei neo governatori leghisti Cota e Zaia sulla RU486, sia piuttosto giovane. Io che non lo sono più, credo che per ritrovarne le radici basti tornare indietro appena qualche decennio, agli anni ’50, ’60.
La Lega, sorta sull’onda della – giusta – esigenza di ammodernamento del nord, liberandolo dalle pastoie di burocrazie bizantine, di clientele ed elefantiasi statalistiche, dopo vent’anni (quasi metà dei quali passati al governo), mostra da dove trae la linfa vitale: dalla Democrazia Cristiana del nord, particolarmente veneta, reazionaria e bigotta, che mai definitivamente sconfitta, risorge dalle sue ceneri, solo con un altro colore. Se la DC di allora non era razzista come la Lega, era perché i neri si vedevano solo nei film americani, almeno quelli permessi dai bollettini parrocchiali che, per tutelare la pubblica morale, depennavano qualsiasi manifestazione di intelligenza. Da qui nasce la subcultura leghista, da questa provincia asfittica e bigotta, omofoba e misogina, che tollera il delitto, ma non lo scandalo.
Dalla DC la Lega ha ereditato l’abilità di gestione del potere, occupando con determinazione lo Stato in ogni suo snodo, e – in barba ai suoi slogan, buoni solo per vincere le elezioni – guardandosi bene dal riformarlo rendendolo più snello ed efficiente: al contrario, trovandosi benissimo nelle sue ridondanze e moltiplicazione di enti e di posti, che a loro volta moltiplicano poltrone e potere. Un potere maschio e bianco, naturalmente. E’ così che si diventa padroni in casa nostra, nel senso metaforico di un potere agito contro ogni diverso che osi occupare un pezzo di territorio, e in senso letterale, dentro una casa nella quale le donne sanno stare al loro posto. Divise fra quelle per bene – mogli, madri, figlie, sorelle – e le puttane – tutte le altre. Che del resto una funzione ce l’hanno nel mondo di chiceladuro, basta che non si facciano vedere, come ammoniscono i cartelli in alcune di queste contrade leghiste.
La Lega non ha nessun bisogno che la chiesa le dia indicazioni, perché le conoscono già, ce le hanno nel DNA di antichi democristiani: le hanno assorbite nella penombra delle sacrestie, nelle sale da biliardo frequentate da soli uomini, nelle botteghe di barbiere. Le hanno conservate nella provincia che parla solo il dialetto, dietro persiane chiuse, dentro i salotti buoni e le cucine smaglianti nella quale ci stanno rigettando.
In fondo il medioevo, che non abbiamo mai consociuto, fa balenare lampi di grandezza anche nelle manifestazioni deteriori… troppa grazie per questa DC verdognola. Non saranno i roghi la nostra punizione: saranno chiacchiere di sagrestia, sguardi di disapprovazione, frasi gridate dai tavolini dei bar, o sussurrate a mezza bocca, cartelli ammonitori. Finte associazioni di volontariato negli ospedali e feste ubriache, con annesse elezioni di miss padania.
Niente di nuovo, sarà come ritrovarsi in un film di Pietro Germi. Avete mai visto “Signore e signori”? Beh, è ora di colmare la lacuna…

P.S. Dalle mie parti la Lega ha raggiunto quasi il13% dei voti al grido di “meno moschee e più cappelletti”. Va da sé che agli uomini toccherà difenderci dagli infedeli e alle donne fare i cappelletti. E che slogan gli si potrebbe opporre, del resto? A me à venuto in mente “più libertà e meno calorie”… ma credete che avrei seguito?



aprile 1, 2010, 5:06 PM
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Non capisco.


Enzo, 1 aprile 2010

Proprio non capisco. Il PD fa un congresso alcuni mesi fa: si sottolinea il carattere popolare del partito, la grande partecipazione, e con larga maggioranza si elegge un segretario e si premia la sua linea politica e la sua idea di partito. E ora, dopo una sconfitta (annunciata), ci si straccia le vesti. Quelli che avevano combattuto la mozione Bersani –ma anche alcuni dei suoi sostenitori- chiedono un “cambio di passo”.

Anche persone –i giovani- come Scalfarotto,Civati e Alicata, indicano la necessità di un cambio di passo, e temi, terreni, forme di partecipazione politica che dovrebbero ridare lo slancio a questo “cambio di passo”. A me, francamente, queste tesi -sostenute ampiamente dai commentatori dei rispettivi blog – sembrano pronunciate da persone che vengono da un altro pianeta. Il partito uscito dal congresso è quello del radicamento territoriale: circoli nei territori, nei luoghi di studio e di lavoro. E’ quello delle larghe alleanze, dell’incontro delle culture riformiste. E’ quello della struttura piramidale anche se federale a parole.

In buona sostanza, è l’esatto contrario del Partito Democratico immaginato come cardine della riforma di un sistema politico che, malato irremibiabilmente, non riesce più ad essere in sintonia con la realtà. E’ il contrario di un PD capace di ripensare il futuro del paese dentro alla modernità, e di immaginarsi dentro ad un sistema politico non più schiavo delle logiche proporzionaliste e di rappresentanza che tanti guasti hanno fatto a questo paese. Un partito contendibile che sta dentro ad un sistema istituzionale contendibile, sulla base del concetto di responsabilità, e quindi che necessita di cittadini elettori che si aggregano attorno ad un progetto di governo e che esercitano la loro partecipazione civica e non di militanza.

All’interno di una prospettiva come questa – di riforma culturale prima che politica – aveva ed avrebbe senso l’esistenza di un Partito Democratico. Ma così non è stato, il congresso ha ratificato un ritorno al passato, un’operazione di piena restaurazione. Di cosa meravigliarsi quindi, se il politicismo e le tattiche sono il tema del contendere? Perché stupirsi delle dichiarazioni di Bersani. “Quasi goal”! mitica frase di un commentatore radiofonico di un tempo lontano; ecco, Bersani è tornato con il congresso a quel tempo lontano. Ecco perché stupisce che giovani dirigenti pensino di ad un “cambio di passo” solo sulla base della buona volontà che dovrebbe essere esercitata da questi dirigenti. Non si tratta di buona volontà o di errori, ma di una cultura politica del gruppo dirigente e della sua base che l’ha votato. E’ una cultura politica che viene da lontano, ma che non va lontano. E’ una cultura politica che non riesce a connettersi con la realtà.

Sono rimasti solo i ricordi di antichi splendori, ma sulla realtà non riesce minimamente ad incidere; al contrario, è percepita, assieme agli uomini e le donne che la interpretano, come pura conservazione di posizioni di potere (casta) e di equilibri sociali che non esistono più. Il paese, grazie alla destra e ad una sinistra che è rimasta legata a quegli antichi splendori, sta rotolando paurosamente verso orizzonti bui e per questo è quanto mai forte la necessità di un Partito riformista, di governo, progressista. Ma perché questo accada c’è bisogno di quella “discontinuità” che mai è stata realizzata. Discontinuità nella cultura politica, negli uomini e nelle donne.

Sono quindici anni che a sinistra ci sono fondazioni e rifondanzioni, di partiti, di associazioni culturali, ecc., ma nulla è cambiato realmente. Sono sempre i soliti noti che, il giorno dopo le elezioni ci vengono a spiegare che “è necessario…”. Per forza il paese è sfiduciato nei confronti di questa politica, e una collettività sfiduciata che non trova uno sbocco, un aggancio nella politica è aperto naturalmente a derive preoccupanti.

Continuare a legittimare questo ceto politico significa aiutare il paese a mantenersi in questa situazione di pericolo.



marzo 4, 2010, 5:24 PM
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Inpotenza

Enzo, 4 marzo 2010



E’ strano il momento che il paese sta vivendo. Sta accadendo di tutto, o meglio stanno emergendo i bubboni di un male diffuso che sta intaccando l’intero corpo sociale.

Per stare agli ultimi avvenimenti basta pensare alla vicenda tragicomica delle liste regionali del PdL, all’evidente implosione in atto di quello che era nato come il partito capace di unire le varie anime del centro destra. Per non parlare della corruzione e del sistema di potere politico/affaristico. A fronte di tutto questo c’è un forte senso di impotenza. Già, impotenza. Dopo un quindicennio di seconda Repubblica ci troviamo al punto di partenza. Cioè in una seria situazione economica che si è mangiata tutti i sacrifici per uscire dal baratro del deficit pubblico e per entrare nell’euro, e una situazione di corruzione forse ancora più grave di Tangentopoli. Il c.d. è in stato di grave difficoltà, il paese soffre la crisi economica e sociale, e l’opposizione che fa? Non si sa. La corruzione dilaga e tocca i massimi vertici della maggioranza e del governo, ma non c’è uno straccio di richiesta di dimissioni e di nuove elezioni. Il fallimento della maggioranza in termini di capacità di governo è evidente, ma non esiste una proposta di governo alternativa. Bersani ha vinto il congresso anche parlando di “alleanze di governo”, bene ma dov’è questa alleanza alternativa? Chi si propone come candidato a leader? Quali soluzioni per il paese per i cittadini? Nel 2008 il PD e il c.s persero per una evidente sfiducia dei cittadini verso il governo Prodi, ebbene come si fa a ricreare la fiducia se la proposta politica sarà simile a quella del 2008 e portata avanti dagli stessi uomini politici?

Sabato scorso sono andato a Roma alla manifestazione del popolo viola: bella manifestazione. Bella perché era fatta da uomini e donne portatori di coscienza civile cioè della necessità per il paese di vivere nel rispetto dei principii costituzionali, di etica pubblica dove il bene collettivo prevale su quello privato. Erano lì a manifestare senza la mediazione dei partiti. Perché, appunto, è un dovere dei cittadini difendere la democrazia e la Costituzione che oggi sono messe in discussione. I partiti hanno aderito! Non capendo che in ciò c’è la dimostrazione della loro sconfitta del loro venir meno del ruolo assegnatoli dalla Costituzione. Hanno aderito, ma nel contempo sono stati a distanza di sicurezza. Quella piazza era pericolosa per loro, si potevano prendere dei fischi (è accaduto quando è stato citato D’Alema) e comunque è una piazza non controllabile. Lì non c’era “la nostra gente” (come amano dire i politici dei propri iscritti e simpatizzanti) pronta a sostenere sempre e comunque il gruppo dirigente. Poi si sa, chiedere le dimissioni di Berlusconi (accertato coruttore) “fa solo il suo gioco”.

Insomma sabato in piazza c’era un’altra Italia. Quella che ritiene fondamentale la battaglia per la legalità e la democrazia. Quella che si indigna per ciò che produce il berlusconismo e che crede possibile un riscatto. Serve però un c.s. capace di uscire dalle secche in cui si è cacciato. Serve dunque una proposta politica di governo chiara e trasparente fatta di una manciata di obbiettivi che nel resto dell’Europa sono già realtà. Serve rigore e, non ultimo, un nuovo e ”innocente” personale politico.

Ma sono cose dette e ridette da tanti, e nulla cambia nel panorama politico. I luoghi dove dire la propria, dove poter incidere sono inesistenti e i partiti sono sordi a ciò che sta maturando nella società. La china del declino si sta facendo sempre più scivolosa e i pericoli sono sempre più evidenti.



febbraio 21, 2010, 3:55 PM
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Ho letto.

Enzo 21 febbraio 2010

Vado a memoria. In questi giorni ho letto che la FIAT ha provveduto ad aumentare gli stipendi di Montezemolo e di Marchionne, mentre gli operai di Termini continuano a lottare per la loro sopravvivenza. Ho letto che la Corte dei Conti ha denunciato un aumento del 229% della corruzione e che l’affaire Protezione civile coinvolge magistrati, alti funzionari dello stato, imprenditori, amici e familiari degli imprenditori, amici e famigliari degli alti funzionari dello stato. Ho letto anche che in quella vicenda è stato violato il segreto istruttorio, ma non perché i giornali hanno pubblicato i verbali delle intercettazioni allegati alle ordinanze depositate dal GIP, ma perché uno dei giudici implicati ha fatto sapere dell’indagine in corso agli interessati, che poi ne hanno parlato anche a palazzo Chigi. Ho letto che Bersani è andato a San Remo per stare tra la gente. Ho letto una intervista a Bersani che alla domanda se, in caso di sconfitta del PdL, Berlusconi si debba dimettere risponde “Non chiediamo agli elettori di mandare a casa il governo…” . Ho letto che Draghi ha pubblicato i dati sullo scudo fiscale. Dati che mettono in evidenza come i “furbetti” abbiano regolarizzato la loro evasione e abbiano lasciato i soldi all’estero. Ho letto tutto questo e la prima cosa che viene da dire è che ce n’è abbastanza per urlare: basta. La democrazia italiana sta sgretolandosi sotto il fango che avvolge i palazzi del potere e a fronte di questo sfascio dovrebbe esserci una opposizione capace di “denunciare” in ogni città lo scandalo di una maggioranza che fa solo gli interessi propri e dei vari furbetti. Partito radicato nel territorio diceva Bersani: cosa fanno i circoli? Cosa dicono? Di fronte a tutto questo la loro voce non c’è, come non c’è quella dell’opposizione nazionale che non è nemmeno capace di presentare una mozione di sfiducia.

Sabato 27 il Popolo viola si ritrova in piazza del Popolo a Roma per dire basta. Se c’è una speranza per il riscatto del paese questa non può che venire da lì: speriamo che questa manifestazione abbia successo.

Diversamente i furbetti, le cricche, gli amici degli amici e la casta avranno definitivamente vinto.



febbraio 8, 2010, 6:06 PM
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Correnti/non correnti e le primarie inutili del PD

Manuela 8 febbraio 2010

L’occasione è la nota che mi manda Luigi Ruggeri, a firma Massimo Marnetto, a margine del convegno della “corrente-non corrente” di Marino ad Orvieto.
Anch’io ho ascoltato in diretta da Orvieto l’introduzione di Marino. Come al solito, l’ho trovata intelligente, credibile, di ampio respiro. Marino è proprio l’uomo che ci vorrebbe, per cambiare il PD e l’Italia, mi viene spontaneo pensare ogni volta che lo sento parlare. La stessa cosa che ho pensato leggendo, con crescente coinvolgimento, la sua mozione.
Poi però, si tratta di decidere cosa fare. E fin dal tempo delle primarie, ci si avvita nella discussione “corrente/non- corrente”, piuttosto che “area”, o “associazione” o non so cos’altro ancora, per “portare avanti i nostri temi nel partito” (parole testuali che ho sentito ripetere migliaia di volte dai marinisti ad ogni livello).
Il fatto è che Marino mostra, nei contenuti, proprio quella cultura liberal/democratica che molti come me ritengono necessarissima al nostro paese. Marino è anche un sostenitore delle primarie. Come molti di noi, entusiasti delle primarie fin dalla prima ora (ti ricordi Marnetto?).
Pur pensando che le primarie fossero connaturate ad un sistema elettorale maggioritario (sistema che, invece che perfezionato, è stato prontamente affossato), ci siamo adattati ad utilizzarle per la scelta del segretario del partito.
Ok, ma questo tipo di elezione diretta, per chiamarla col suo nome, dovrebbe comunque comportare alcune conseguenze, di tipo, per dir così, “maggioritario”. La prima è che chi vince dovrebbe avere l’onere di governare, con tutto ciò che ne consegue: dal mettere nei posti chiave persone di propria fiducia, al rendere conto della propria gestione. Secondo quel concetto di accountability, che Scalfarotto mi ha fatto capire tanto bene. Di conseguenza, chi perde dovrebbe essere capace di comportarsi da minoranza, cercando di organizzarsi per conquistare i consensi che le serviranno, al termine del mandato, per tentare di diventare maggioranza.
Nel PD le primarie, invece, non servono per eleggere una maggioranza governante e una minoranza che si candida ad essere alternativa: servono per contarsi, e pesare la consistenza dei gruppi che sostengono i vari candidati, in una logica del tutto proporzionalistica. Così che il partito non verrà governato da chi ha vinto, ma da organismi proporzionalmente costruiti in base alle percentuali ricevute da ciascuna… e come chiamarla allora, se non “corrente”? E’ quell’esiziale concetto di “gestione plurale”, che rendendo indistinguibili le responsabilità, impedisce poi di sanzionarle, se e quando è il caso.
Proporzionalismo che speravo fosse estraneo alla cultura politica di Marino, che per altri aspetti è “anglosassone”. E che invece Marino rivendica, anche ad Orvieto, lamentando che non tutti i gruppi abbiano ancora una loro rappresentanza in segreteria; non ci si stupisce allora, che a tutti i livelli, gli aderenti alla “corrente/non corrente” siano impegnati a ritargliarsi spazi e posti all’interno di questa “gestione plurale”, piuttosto che ad organizzarsi in minoranza combattente ed alternativa all’attuale governo del partito.
Per questo credo che non ci siano speranze per un rinnovamento dall’interno del PD; perché una cultura politica tutta intrisa di proporzionalismo, non può che creare correnti (comunque si chiamino), con strascico di polemiche e falsi appelli all’unità, piuttosto che maggioranze e minoranze che si confrontano in modo trasparente.
Le correnti rivendicano posti, le minoranze si attrezzano (se ne sono capaci) per diventare maggioranze e prendere il potere all’interno del partito. Che è un po’ la differenza che corre fra uccidere il padre e sederglisi accanto su uno strapuntino



gennaio 31, 2010, 5:56 PM
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Non ho più niente da dire.


Enzo, 31 gennaio

Alcuni giorni fa su Facebook concludevo un post dicendo che smetto di parlare di politica. Gli amici mi hanno subito simpaticamente canzonato, conoscendo la mia passione per la politica, o per meglio dire, la mia passione civica. In realtà, quella che poteva sembrare una battuta dettata dallo sconforto era una cosa seria. Nel senso che non ho più nulla da dire. Le analisi, le proposte, le critiche si ripetono sempre uguali a se stesse da ormai un decennio. Sono andato a manifestazioni, ho frequentato la sezione portando sempre un contributo di idee, la politica –quella con la p maiuscola- continua inperretita a non ascoltare, non tanto me, ma gli elettori che in tante occasioni hanno dato indicazioni chiare. Come continua a scivolare sul piano inclinato del declino, incapace di invertire la tendenza trascindosi dietro il paese.

L’altra sera su “Blob” ho rivisto il Moretti del 2001: querllo di “con questo gruppo dirigente non vinceremo mai”. Com’era vero quel grido. Sono sempre loro, sempre loro appaiono nei TG a sentenziare e a insegnarci cose che non realizzano. Sono sempre loro i protagonisti: è anche noioso elencarne i nomi. In questi dieci anni il mondo e l’Italia, sono profondamente cambiati. Dal terrorismo, alla fuga dei dannati della terra verso i paesi ricchi, dalla crisi alla rivoluzione teconologica che ha cambiato il modo di vivere e di relazioni di miliardi di persone. Eppure in Italia, la sinistra e il PD non riescono a sganciarsi dal passato, non sono capaci di una lettura della modernità, restano ancorati a proposte e linguaggi lontani dalle persone e, non per ultimo, operano in termini di autoconservazione di un ceto che si è fatto casta. Sono sempre loro: i perpetui, gli inamovibili, quelli che non hanno alcuna responsabilità. In aggiunta il berlusconismo imperversa e il lavoro di smatellamento dello stato democratico continua senza una vera opposizione.

La sinistra non riesce a rappresentare interessi e disagi, e il conflitto sociale sembra non esistere più. Sappiamo bene, invece, che il conflitto sociale è lì, oscurato dalle TV ma che sta lasciando ferite profonde, ma intanto i piddini invece di rappresentare tale disagio si trastullano in geometrie tattiche: alleanze larghe per battere Berlusconi. Non riescono cioè a parlare agli elettori. Questa è la “linea politica”: le geometrie politiche. E per fare ciò si corteggia Casini, anzi c’è chi suggerisce di impalmarlo come nuovo leader dello schieramento alternativo al centro destra. In tutto questo i luoghi della politica e della partecipazione deicittadini sono inesistenti. Il PD usa le primarie nel peggior modo possibile e il blocco di elettori che garantisce una percentuale attorno al 30% non è da meno. Non ha il coraggio di usare il pur minimo spazio per fare una scelta di discontinuità. Votare Bersani è stato l’imperativo, perché garantiva una soluzione “conservatrice”.

Sì, conservatrice. Perché ha prospettato un ritorno al partito “vero”: un partito come fu il PC. Fatto di circoli territoriali, nei luoghi di lavoro e studio. Radicato sul territorio, fatto di militanti e di una struttura organizzativa composta di migliaia di “politici”. Insomma una proposta rassicurante rispetto all’ipotesi di navigare nella società, tra gli elettori. Elettori che rimangono indifferenti a tutto questo, perché la realtà parla altri linguaggi, altri modelli aggregativi, altri modi di vivere. Insomma questo blocco di elettorato che rimane fedele al PD sempre e comunque (mediamente vecchio nell’età e nella cultura) ha fatto una scelta di conservazione, non capendo che il passato non torna più e che oggi la sinistra e il PD avrebbero bisogno di aggregarsi attorno ad un’idea di progresso capace di affrontare la modernità delle nuove generazioni. Che parlano, vivono, hanno interessi che le politiche della sinistra ignorano. Questa è la realtà che vedo, e cosa rimane da dire? Nulla più. I partiti e i politici sono sordi, la cultura politica che si esprime attraverso essi è obsoleta e anche in rete assisto nei vari blog politici a un dialogo tra sordi. Cioè tra chi pone questioni di coerenza, di responsabilità, di civiltà, di diritti, di modernità, di progresso e chi risponde con il politichese, con le tattiche politiche, con il realismo che deve guidarci, con il compromesso ridotto a disponibilità a negoziare tutto pur di governare. I miei pensieri, le mie idee le ho dette, le ho sostenute in molti luoghi e oggi non ho più motivo per continuare. Sarà la storia a incaricarsi dell’evoluzione di questo bel paese. Ci sono i segnali all’orizzonte, ci sono energie nuove che si muoveranno per il loro futuro.
Io non ho più nulla da dire.



gennaio 30, 2010, 5:48 PM
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La partecipazione ai tempi del PD

Manuela 30 gennaio 2010

Ho ricevuto un invito dal locale circolo del PD, così concepito:

ASSEMBLEA DI CIRCOLO
Domenica 31 gennaio alle ore 10
nella sede del Circolo di….

con il seguente ordine del giorno:

– Elezione della Presidenza dell’assemblea (su proposta del Segretario del Circolo)
– Presentazione delle decisioni assunte dalla Direzione Provinciale
– Apertura del dibattio
-i Approvazione del verbale

Cordiali saluti, ecc. (seguono inviti calorosi alla partecipazione e al rinnovo della tessera del PD).

MI/Vi chiedo:
quale persona sana di mente può pensare di alzarsi la domenica mattina prima delle 10, ed uscire di casa nelle temperature polari di questi giorni, per ascoltare un tale che PRESENTA decisioni assunte altrove, senza poter minimamente influire su tali decisioni, qualsiasi cosa possa dire e fare?
E approvare un VERBALE?!?
Notate bene, non si richiede di approvare – almeno per la forma, santiddio – le decisioni già assunte. No, si approva il verbale della riunione… cosa cui tutti teniamo davvero molto!

In testa all’invito, un riquadro avverte che si tratta del “Procedimento di selezione regolata per la formazione della lista provinciale del PD per l’elezione dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna”

Ma se “Selezione regolata” significa che loro decidono e io prendo atto delle loro decisioni, e che io non ho minimamente modo di influenzare queste decisioni, e che il mio intervento, se ci fosse, in questa assemblea, finirebbe dove sono finiti tutti gli altri, nel vento… non potrebbero semplicemente scrivermi una mail, risparmiandomi la fatica di uscire di casa?

Se questa è l’idea di “PARTECIPAZIONE” che va nel PD e di questo si parlava, quando si invocava un “partito radicato sul territorio”, non mi stupisce he la desertificazione (di iscritti e di voti) avanzi.

Non so voi, ma io, domattina, ho un lungo elenco di cose più interessanti da fare.



gennaio 29, 2010, 2:40 PM
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Si fa per dire…

Una cosa di cui si è parlato poco, e che mi ha fatto riflettere molto sul paese che abbiamo costruito, è stata la polemica innescata dalle dichiarazioni di Bertolaso sugli aiuti ad Haiti.
Bertolaso, in tv, parla malissimo della gestione americana ed internazionale degli aiuti, e fa commenti che trasmigrano, come tutto quello che si dice in tv, da un orecchio all’altro, provocando giusto un “peròcchebravo” da parte di qualcuno e uno sbuffo di fastidio in qualche altro (a me Bertolaso ricorda sempre certi personaggi di Steven Segal, che avanzano intrepidi per salvare gli ostaggi, del tutto indifferenti alla strage provocata dalla loro avanzata!). Sarebbe finita lì, ma l’indomani la Clinton reagisce duramente, dicendosi “ferita” dalle parole di Bertolaso, e classificandole come “le polemiche che si fanno il lunedì mattina sulle partite del giorno prima”. Lo rimette al suo posto, ricordandogli che L’Aquila non è Haiti, e pare addirittura pare che l’ambasciatore americano chieda le sue dimissioni.
Che avrà mai detto per suscitare reazioni così inviperite, ho pensato… e poiché la tv la sento ma non l’ascolto, ho dovuto scorrere i giornali per ritrovare le dichiarazioni incriminate. E scopro che sono parole che a noi non fanno più effetto, ma che, valutate nel loro vero significato, sono degne, eccome, di provocare una crisi diplomatica.
Un vero guasto del nostro paese è che le parole hanno perso il loro significato. La Lega minaccia ad ogni piè sospinto di imbracciare i fucili e di pulirsi il culo con la bandiera, per Berlusconi i magistrati sono “eversivi” e “geneticamente differenti”, il crocifisso non è un simbolo religioso ma una simpatica tradizione… In tv le emergenze non sono mai finite, dagli inverni freddi alle estati calde, dai terremoti ai campi rom., così che non si capisce più cosa è un’ emergenza e cosa un’iperbole.
Ecco, l’era della Lega e del berlusconismo, ha provocato, fra gli altri, anche questo guasto: ci ha abituato alle iperboli, alle emergenze inventate, alle cazzate sparate senza pensarci troppo, che, televisivamente, entrano da un orecchio ed escono dall’altro. Ma, certo, risale a molto prima, la vecchia abitudine, su cui il berlusconismo si è innestato splendidamente, di politici ed istituzioni a non rendere mai conto né del loro operato, né delle loro affermazioni. Costellano la nostra storia politica, e non accennano a diminuire, le promesse fatte e mai mantenute, i cambi di casacca, le inversioni a U in corsa.
Manca, e credo sia sempre mancata, per quel che mi ricordo, alla cultura politica italiana, quella che Scalfarotto definisce accountabilty, l’abitudine di render conto di sé e del proprio operato. Così che si possono dire le più grandi castronerie senza che qualcuno te ne chieda ragione… e, ormai, senza che nessuno le prenda davvero sul serio.
E’ successo così a Bertolaso, ma si è scontrato con un popolo che con l’accountability ci fa i conti, e che è abituato a chieder conto delle parole: soprattutto ai potenti, guarda un po’. E dire “gli americani tendono a confondere l’intervento militare con quello di emergenza” può davvero creare un caso diplomatico.
Perché le parole hanno un senso, ed bello scoprire che ce l’hanno anche per qualcun altro (oltre al fatto che a me, la Clinton, è sempre stata simpatica… forse anche più di Obama…)



gennaio 14, 2010, 3:55 PM
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Cerco un partito

Enzo, 14 gennaio 2010



Cerco un partito laico. Cioè che applica il principio che la libertà di ognuno finisce dove inizia quella dell’altro e che non legifera sui temi che riguardano l’etica e la coscienza delle persone imponendo comportamenti, ma che lascia la libertà di scelta all’individuo.

Cerco un partito progressista. Cioè che lavora per la trasformare il paese sbloccandolo dai vincoli corporativi, familistici, amicali rendendo per questo più facile la vita dei cittadini.

Cerco un partito riformista. Cioè che, non più prigioniero di cascami ideologici, affronti il problema della riforma dello stato sociale.

Cerco un partito moderno. Cioè adeguato alla società degli individui e quindi leggero, senza burocrzie di partito, ma con cittadini/elettori che si organizzano per eleggere i loro rappresentanti al governo del paese e dei territori.